Archive for aprile, 2011

La Donna Crema Di Noci

Ok, scrivo finché ho l’attimo di ispirazione. Questo articolo è un evoluzione di un vecchissimo articolo sulla mia considerazione sulla donna che ordina la pizza rucola pomodorini (metterò il link all’articolo oppure cercatevelo). Si avverte il gentile lettore che l’articolo è scritto di getto, senza correzioni di alcuna sorta, quindi se trovate errori, segnalateli così li correggo, sennò ve li tenete :p

Comunque stasera ho teorizzato la donna che ordina la pizza margherita con la crema di noci. Notoriamente la crema di noci è l’ingrediente che mancherà SEMPRE all’interno di un locale. E’ quel tipo di donna che ha voglia di qualcosa di particolare e che fa di tutto per far lavorare il cameriere ed il pizzaiolo. Ha bisogno di attenzioni e cerca di attirarle; ed invece arrivano solo bestemmie a lei ed alla sua strafottenza per il lavoro altrui. Però sul listino c’era, ma è tutto un inganno. E quando non c’è l’ingrediente impiegano almeno altri 20 minuti solo per poi ripiegare su una margherita senza crema di noci. Poco spirito di adattamento, tanta aria di superiorità. Di solito da bere prende una coca cola, possibilmente in bottiglietta di vetro e assolutamente senza limone. Durante il pasto si lamenterà almeno 4 volte del fatto che con la crema di noci sarebbe stata un’altra serata, facendoti sentire inutile, tra una fetta e l’altra della tua pizza porcellosa unta e doppia pasta. Insomma, penso di avervi fatto capire che cos’è…

…la donna crema di noci

No more zapping

[…abbassare i toni…]
rimbalzò nella sua testa l’ennesima locuzione priva di senso, ormai utilizzata così tante volte da esser privata del significato…
[…eversivo…]
ancora, il piccolo robot riceveva questi segnali dalla sua amica televisione, la sua maestra, che un tempo gli aveva insegnato molto, quand’era giovane, quando quelle rotondità erano ancora presenti, ormai spazzate via dalla liposuzione dei cristalli liquidi, quando era ancora vestita di legno e non di vetro freddo…
[…il cerino acceso…]
continuavano martellanti parole che incrinavano i circuiti logici della sua scheda madre. Il piccolo robot piangeva ricordando quando da quel suo mentore, uscivano termini che lo facevano sentire a casa, amato.
[…giustizialismo…]
gocce d’olio scendevano dalle orbite sferiche con cui scrutava il mondo; prese il telecomando impolverato da secoli di carriera inutilizzata e premette il bottone rosso. Eutanasia
[…dobbiamo portare a casa il federZZOTT…]
silenzio.


Il piccolo robot aprì gli occhi verdi come il prato e si asciugo le lacrime cristalline e limpide come il mare blu… non era più il piccolo robot

Immaginario

Il bambino era li, sul foglio bianco.
Non aveva ancora braccia, nè gambe, ma aveva occhi, due begli occhi verdi, profondi e tondi, che si era disegnato tutto da solo e di cui andava fiero. Guardava attorno quel bianco infinito e ruvido e sii senti solo; così decise di usare l’azzurro e disegnò una linea sul bordo del mondo, il suo cielo, e lo scrutò: era troppo simile ad un mare così prese il giallo e disegnò un tondo, l’unica figura in quel momento simile ai suoi occhi e ci si riscaldò; il tepore gli diede un po’ di quiete e sciolse un po’ il pastello color dei prati di cui era composto il suo essere.
Il prato venne subito dopo, in contrapposizione al cielo, in un abbraccio, anche questo simbolo della sua voglia di abbracciare, di non restare solo.
Il bambino voleva toccare, voleva sperimentare il mondo che aveva appena rappresentato, così con dei piccoli tratti, fece le proprie mani, affusolate, lunghe ed un pochino storte, non era così bravo in effetti, ma la voglia c’era.

Toccò la terra, toccò il cielo, abbracciò il sole. E piano piano i suoi colori presero forma, miscelati dal calore del sole che aveva creato, forgiati nel suo amore. Non fu più solo.